Se scorre il sangue, se ne parla

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Upson Pratt
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Se scorre il sangue, se ne parla

Messaggioda Upson Pratt » ven ott 23, 2020 3:05 pm

Premesso che il sangue è dispensato col contagocce, si tratta di un King ormai adagiatissimo sugli allori che si rimira le punte degli alluci e rimpasta quelle che sono le sue ossessioni e carte vincenti, ma che comunque si lascia dietro di molte regioni lo stallo creativo di scempi come l'acchiappasogni o cell. Diremmo anzi che per 3/4 è molto buono e si abita con familiare piacere.

Ratto è a gusto di chi scrive il racconto dove King dimostra di essere l'intramontabile vecchio lupo di sempre: un beffardo gioco di specchi col processo creativo letterario: King si diverte un mondo nel mandare malamente a sbattere la dimensione metanarrativa metabiografica metatutto (la metà oscura, giardino segreto finestra segreta, shining etc) con il tenere cattedratico banco de on writing, e mette a dirigere l'incidente il faustiano canovaccio di tutto è fatidico, quello secondo il quale occorre stare molto bene attenti a cosa si desidera e che ribadisce che la farina del dimonio va tutta in crusca. condisce il tutto nella medesima salsa para-allucinatoria de il dito.

Un'intertestuale operazione simile è compiuta con apprezzabili risultati anche nel racconto apripista, Il telefono del sig Harrigan, che amalgama il criptoluddismo de Il word processor degli dei e Kindle con echi di formazione di Cuori in antartide, Stand by me, Act pupil e Christine. Niente di indimenticabile o irrinunciabile, ma va sempre via che è un piacere.

La vita di Chuck è la cosa più strana, a tratti finanche bislacca, mai concepita e sfornata dal le. Ellissi narrative a ritroso rette da evanescenti e instabili rapporti di causa-effetto, più suggeriti e ipotizzati che palesati. Affascina, ma anche lascia con la domanda "ok, cosa ho appena finito di leggere?" destinata a restare orfana di risposta, quanto meno sul fronte del costrutto narrativo.

Col racconto omonimo il lupo perde ogni pelo e centuplica ogni viziaccio: ritroviamo per l'ennesima la sempre più detestabile Holly Prezzemolo Gibney, sempre più capisciona e saputona, a condurre la danza per circa 200 barbose pagine che sono aria mangiata: è il quarto del libro ove King scodella il suo peggio, ove non trova di meglio da offrire se non rimasticature e avanzi della cena della sera prima di The outsider, del quale ne è in pratica una versione 2.0 che apre, e peggio ci si sente, a ipotesi di un threequel.

Una nota di plauso infine all'ottimo Luca Briasco, l'erede migliore che King (e aggiungerei Lansdale) potesse sperare di vantare quale traduttore per l'Italia.

In sintesi, un buon libro, non così buono da giustificare però i 22 euro di spesa richiesti: aspettatene l'edizione tascabile o dategli un primo giro di prova in biblioteca, magari... :)

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