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Alessandro Furlano
Notizie
09 Dicembre 2015
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StephenKing.it intervista Giovanni Arduino e Loredana Lipperini

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Cari amici, si è conclusa l'iniziativa legata all'uscita della nuova edizione italiana di On Writing, edita da Frassinelli. Nell'occasione StephenKing.it ha indetto un contest tra gli utenti per porre delle domande al traduttore di questa nuova versione, Giovanni Arduino, che abbiamo esteso, grazie alla sua cortese disponibilità, a Loredana Lipperini, che di questa nuova edizione ha curato l'introduzione.

Di seguito le domande degli utenti alle quali Giovanni e Loredana hanno risposto, con l'integrazione di alcune domande da parte del nostro Staff.

Enjoy!

 

 

1)      Ale Jkdk Guadagnin: On Writing spiega anche il modo in cui Stephen King procede nella stesura di un romanzo?

Giovanni Arduino: Sì, e secondo me è un ottimo esempio da seguire. Un esempio davvero sensato.

 

 2)      Chiara Doro: con quale libro in lingua originale di King potrei cimentarmi come prima lettura in inglese? Grazie!

 

G.A.:  Ti consiglierei di partire da un racconto. Magari di A volte ritornano. Alcuni come linguaggio e struttura sono piuttosto semplici.

 

  3)      Gloria Concu: se tu dovessi trovarti a scrivere un libro su due personaggi delle opere di Stephen King quali vorresti si incontrassero e perché?

         (Nota di SK.it: a parte Johnny Smith de La Zona Morta, che sappiamo essere il prediletto)

  G.A.: Abra di Doctor Sleep e Charlie de L’incendiaria. Ne combinerebbero delle belle. Molto probabilmente diventerebbero amicissime.

 

4)      Franco Zanette: Tullio Dobner, traduttore storico di King, diceva che la scrittura del Nostro non era delle migliori dal punto di vista sintattico-grammaticale e nella costruzione delle frasi ma che era meravigliosa lo stesso per come rendeva e trasmetteva le emozioni dei personaggi e della Storia.

       I due saggi On Writing e Danse Macabre sono analoghi per come veicolano l'amore di King per le storie ma, a differenza dei romanzi, hanno una verve comica non     prevista né prevedibile.

       Arduino, come ha gestito questa discrasia fra il terrore puro di alcune pagine dei romanzi migliori e questa vita vera e passione così 'leggera'?

             G.A.: L’orrore spesso si accompagna alla risata. Nella vita come nella finzione. King l’ha ribadito più volte. E la verve comica è presente in parecchi suoi  romanzi, non solo nei saggi. Riguardo al resto della domanda preferisco tacere.

   

5)      Luca Chiarolla: secondo te, non è troppo sottovalutato King come autore?

             G.A.:  Un tempo lo era. Adesso non più, almeno credo e spero. Ormai ha un pubblico non solo vastissimo, ma eterogeneo e variegato.

             Loredana Lipperini: Certo, per me lo è, e King ne è consapevole, dal momento che in più momenti (e nello stesso On writing) sottolinea la difficoltà – o meglio,  l’ostilità - da parte dei critici letterari di avvicinarsi a quel che suscita emozioni nel lettore. Speravo che col tempo questo atteggiamento mutasse, ma mi rendo conto che si sta semmai radicalizzando, e oggi più che mai  investe sia la scrittura sia il lettore che si arrende – giustamente – al libro e se ne lascia coinvolgere. E’ come se le antiche polemiche tra scrittori sperimentali e scrittori definiti (negli anni Sessanta!) “affettivi” non fossero mai cessate. E non si tratta soltanto di diffidenza nei confronti di chi vende molto: magari fosse. Si tratta di aperta acredine nei confronti di chi riesce a far ridere, piangere, sognare. Pazienza.

 

6)      Valeria Ottieri: ciao Giovanni, sono certa che sarai sommerso di domande ma spero vivamente di far parte dei partecipanti.

        C'è un libro di King, tra quelli che hai tradotto, che ti ha toccato nel profondo e che ti ha fatto rivivere qualche ricordo o esperienza attraverso uno dei personaggi?

        Grazie mille per l'opportunità.

        Un abbraccio.

        (nota di SK.it: sempre a parte La Zona Morta…)

             G.A.: Doctor Sleep, nelle parti in cui Dan Torrance tocca i malati terminali e rivive spezzoni della loro esistenza. Ho pianto.

 

7)      Marina Don: ritieni che un traduttore possa considerarsi anche un coautore?  

       Grazie e buon lavoro!

            G.A.:  Limitatamente alla lingua in cui si traduce, e nel rispetto dell’originale, sì, certo.

  

8)      Francesco Puzone: sono un appassionato della serie La Torre Nera. A quando una nuova avventura di Roland è il suo ka tet ? Grazie.

       (Nota di SK.it: pensiamo di poter reinterpretare la domanda come segue: ritieni plausibile che possa esserci un nuovo volume della Torre, così come successo per The   Key Through The Keyhole. E nel caso pensi che saresti tu a tradurlo o si cercherebbe di dare continuità affidandolo, come tutti gli altri, a Dobner?)

          G.A.:  In questo caso ci sarebbero troppi "mah" e "chissà". Non so che cosa farò, deciderò o mi succederà domani, figuriamoci tra mesi, anni o decenni (azzardo).

  

9)      Sergio Antonio Paoli: ho una curiosità. Nella edizione che possiedo di On Writing (tradotto da Tullio Dobner), verso la fine, nel capitolo “porta chiusa, porta aperta” c’è un esempio di correzione di un testo fatto dallo King. Ci sono correzioni a penna, sul testo in italiano, come se fosse la fotocopia del documento originale corretto da King. Immagino che nella edizione Frassinelli ci sia più o meno la stessa cosa e vorrei sapere di chi è la mano che ha vergato quelle correzioni a penna.

       Grazie. Saluti.

G.A.:  Se ti riferisci alla vecchia edizione, non ne ho la minima idea. In quella nuova, immagino sia “la mano” di qualche membro dello studio editoriale che si occupa delle revisione e impaginazione di King.

 

10)  Davide Costa: Giovanni, traducendo le opere di un scrittore della mole di King, probabilmente, lo si impara a conoscere in maniera progressiva, lo si scopre poco per volta e, sebbene solo dall'esterno, sempre più in profondità.

       Alla luce di ciò, a tuo parere, quali sono le ragioni che hanno spinto il Re a pubblicare alcuni dei suoi romanzi ("Ossessione", "La lunga marcia", "L'uomo in fuga" ecc.)   sotto uno pseudonimo anche dopo essere stato smascherato e reso noto al grande pubblico chi in realtà si celasse dietro a Richard Bachman?

       Grazie mille.

 G.A.:  L’ha ripetuto lo stesso King molte volte: voleva scrivere romanzi senza il “peso” del suo nome in copertina (e le aspettative che proprio quel nome avrebbe comportato). Era una voglia di libertà.

 

11)  Estella: lo slang americano è pieno di frasi ed espressioni che spesso, tradotte, perdono l'impatto originario pensato dallo scrittore, un buon traduttore si trova quindi ad affrontare problemi spesso molto difficili da risolvere; come si aggirano gli ostacoli di questo tipo è lecito tradurre usando una espressione o un modo di dire italiano che si avvicini all'originale come significato anche se totalmente diversa nei termini usati, oppure bisogna essere puristi e lasciare la frase in inglese corsivo...... e che ognuno si aggiusti???

       Grazie!!

 G.A.:  Ci si spacca la testa in quattro e si offre un’interpretazione il più efficace possibile. Nessuno, mi auguro, sarebbe così sciatto da lasciare una frase in inglese, tantomeno in corsivo.

 

12)  Lucia Fambrini: volevo chiedere a Giovanni quale libro di King vorrebbe ritradurre come ha fatto con On Writing.

 (Nota di SK.it: non per essere noiosi, ma La Zona Morta è sempre fuori concorso...)

 G.A.:  Danse Macabre. La storia di Lisey. A patto di avere anni e anni a disposizione.

 

 13)  Alessandra Fanucci: vorrei chiedere a Giovanni Arduino se conosce personalmente King. Se si cosa ne pensa.

        Ciao e grazie.

 G.A.:  Gli ho stretto la mano a una convention americana di tanti anni fa. Tutto qui.

 

14)  Davide Bi: Pensi che se Stephen King fosse stato Stefano Re, ovvero un autore italiano, avrebbe avuto lo stesso successo mondiale?

       Nel senso, King ha avuto successo perché ha sempre avuto delle trovate geniali o la lingua inglese può aver aiutato in questo?

       Rigiro la domanda per renderla ancora più chiara: a parità di idee, Stephen King agli albori vs Autore Italiano Sconosciuto, chi dei due avrebbe il successo meritato?

 G.A.:  Questo è un caro, vecchio “what if” in genere tirato fuori da scrittori italiani frustrati. Pur non potendo provarlo, sono abbastanza convinto che un eventuale “Stefano Re”, se dotato dell’abilità di King, si sarebbe imposto anche nel nostro mercato.  Magari con un’eco diversa, ma sarebbe successo.

L.L.: E’ difficilissimo rispondere. Il mercato italiano dei libri e quello americano non sono paragonabili, per estensione e per storia. Istintivamente risponderei “no, non avrebbe avuto lo stesso successo se avesse scritto gli stessi libri”. In Italia chi scrive genere è guardato con estrema diffidenza (e va anche detto che molti scrittori e lettori di genere tendono a consolidare le pareti della piccola fortezza in cui si muovono, ma questo è un discorso lungo e complicato). Però non è una questione di lingua, a mio parere, ma di tematiche: i critici italiani non leggono King, punto. Non lo conoscono, nella maggior parte dei casi, e sempre nella maggior parte dei casi non intendono approfondire. E’ horror, dunque non va considerato. Esistono, però, casi di autori italiani che hanno un enorme successo in America: pensa a Elena Ferrante, che negli Stati Uniti è divenuta un caso letterario e che in Italia è amata, certo, ma anche molto stroncata perché usa un eteronimo. Diciamo che il mondo della letteratura, in Italia, è ancora autoriferito. Pazienza, ancora una volta, e peccato.

 

15)  Mirko Buttarelli: sulla quarta di copertina della precedente traduzione di On Writing (S&K ed.) viene citata una frase  del libro: "per scrivere al meglio delle proprie capacità è opportuno costruire la propria cassetta degli attrezzi e poi sviluppare i muscoli necessari a portarla con sé".

      Quali sono gli attrezzi che ritieni necessario avere per effettuare una buona traduzione di un romanzo?

 G.A.:  Ottima conoscenza della lingua di partenza e ancora più della lingua di arrivo. E non lasciarsi intimidire, mai, dal testo originale.

 

16)  Patrizia Galli: Da piccolo/a cosa sognavi di fare da grande?

 G.A.: A cinque anni, l’impiegato di banca. Poco più in là, il fondatore di una setta satanica, ricchissimo e con migliaia di adepti.

 L.L.: L’investigatrice. Poi sono diventata lettrice, che è quasi la stessa cosa.

 

17)  Mafalda Gonella: ho letto e apprezzato tempo fa Non è un paese per vecchie. Vorrei approfondire quei temi chiedendo a Loredana quali sono secondo lei i Paesi europei (a parte gli scandinavi) in cui la condizione della donna, soprattutto dopo i cinquant’anni, è migliore rispetto all’Italia e in cosa riescono meglio di noi per riuscirci.

            L.L.: E’ una bella domanda a cui non è semplice fornire risposte. Temo che i paesi scandinavi non possano essere esclusi, perché al momento continuano a essere il modello di riferimento. Perché preparano quella condizione felice in un tempo lungo: cominciando dall’ingresso nella scuola, dove bambine e bambini sono abituati a non essere giudicati in base al genere sessuale di appartenenza. Non esistono tratti psicologici “per natura”, questo è il senso. Da noi, in tempi di naturismo di ritorno, oltretutto, sembra difficilissimo persino cominciare.

 

 

E ora un paio di domande dallo Staff.

 

a)      SK.it: Giovanni, quando pensi che avrai per le mani il manoscritto di End of Watch (il terzo volume della triolgia di King con protagonista il detective Bill Hodges, che segue i primi due: Mr Mercedes e Chi Perde Paga)?

          G.A.:  Mi auguro per il nuovo anno.

 

b)     SK.it: A breve uscirà la raccolta di racconti Il Bazar dei Brutti Sogni (The Bazaar of Bad Dreams), come si colloca rispetto alle raccolte precedenti? Non solo inteso come mera classifica, ma soprattutto come tipologia e genere di racconti.

         G.A.: Sono racconti maturi, letterari, molto diversi tra loro, in alcuni casi sinceramente toccanti.

 

      SK.it: Loredana, lo abbiamo già chiesto a Giovanni in una precedente intervista per il sito. E d’obbligo girare anche a te la domanda in quanto coautrice del libro. Avete pubblicato a quattro mani Morti di Fama, descrivici brevemente da cosa nasce e se c’è qualcos’altro in previsione a breve.

 

         L.L.: Morti di Fama nasce da una doppia preoccupazione, di Giovanni e mia, suggerita da quel che avevamo sotto gli occhi ogni giorno: in poche parole, la trasformazione di desideri e giuste ambizioni in una generica e ossessiva ricerca di consenso. Sparisce, per esempio, lo scrittore, o meglio, sparisce il suo testo, e trionfa il “leggimicompramiamamipiacizzami”. Il tutto, peraltro, ben compreso e sfruttato da chi su quell’ansia di esserci specula: venditori di follower, di like, di corsi di scrittura, di editing fatti a capocchia – per parlar forbito, di recensioni, e così via. Due anni dopo, mi sembra, le cose vanno persino peggio.
Quanto alla previsione: sì, c’è un ritorno del dinamico due, su un argomento più ampio. Sempre che riusciamo a incanalare il dinamismo suddetto e a metterci buoni e calmi davanti a un computer.

 

Lo staff ringrazia Giovanni e Loredana per la disponibilità e tutti gli utenti che hanno partecipato all'iniziativa.

Un saluto e un ringraziamento al gruppo Stephen King Italia, con il quale abbiamo condotto congiuntamente le iniziative legate all'uscita di questa nuove edizione di On Writing e ovviamente all'editore Frassinelli per aver messo a disposizione una copia del libro.

 

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